Dieci piccoli indiani - Agatha Christie

Dieci piccoli indiani - Agatha Christie

... e poi non ne rimase nessuno
Dieci Piccoli indiani, del 1939, è uno dei gialli più famosi della regina indiscussa del genere, Agatha Christie.
Dieci persone si trovano invitate presso una strana e misteriosa isola, Nigger Island (letteralmente Isola del Negro, per via della forma dell'isola stessa che richiamava, vagamente, nelle forme la testa di un negro). Ognuna di queste dieci persone è stata invitata (o assunta) sull'isola da un certo Sig. o Sig.ra Owen, che si firmava U.N. Owen (la cui pronuncia può ricordare vagamente il suono della parola inglese unknown = sconosciuto). Ognuna di queste dieci persone ha un segreto nel proprio passato, segreto che viene platealmente svelato dopo la prima cena sulla misteriosa isola. Misteriosa ancor di più giacché sin dal primo istante non c'è traccia dei padroni di casa.
Le dieci persone sono:
- il giudice Lawrence Wargrave, stimato e rigoroso giudice ormai in pensione;
-Vera Claythorne, ragazza dai modi a volte decisi a volte ingenui ma con un inquietante segreto;
-Philip Lombard, uomo astuto ed avvezzo a situazioni anche pericolose, dal passato sfuggente e misterioso;
-Emily Brent, vecchia signora, o meglio zitella, timorata di dio, bigotta ed estremamente rigorosa;
-il generale Macarthur, generale ormai in pensione e per tale motivo rammollito;
-il dott. Armstrong, stimato medico, con un piccolo neo nel suo passato;
-Tony Marston, giovane bello ed atletico amante delle belle macchine e delle folli velocità;
-il Sig. Blore, oscuro funzionario di polizia dai modi non troppo ortodossi;
-il Sig. Rogers, maggiordomo della villa degli Owen;
-la Sig.ra Rogers, moglie del maggiordomo.
Già dalla prima sera, accade la prima misteriosa morte che apre la danza macabra scandita - inoltre - dalla sinistra filastrocca dei 10 negretti, che come in un gioco pericoloso e fatale, eliminerà i concorrenti uno ad uno nel peggiore dei modi, insinuando il gelido dubbio e la estrema tensione di non potersi più fidare l'uno dell'altro nemmeno per un istante.
Ed infatti, dopo la prima misteriosa morte, i superstiti si interrogano su cui avrebbe potuto compiere l'omicidio sino a giungere alla conclusione (avvalorata anche dalla circostanza che né sull'isola né in casa vi era altra anima viva fuorché loro) che l'assassino/a fosse per forza uno di loro. Sullo sfondo della vicenda, oltre alla sinistra filastrocca, la cui musicalità quasi bambinesca contrasta con il sinistro presagio che reca con sé, vi sono dieci statuette di porcellana in bella vista sul tavolo del soggiorno che - misteriosamente - spariscono una ad una seguendo il ritmo scandito dalle morti dell'isola.
Non è - ovviamente - il caso di svelare altri elementi della trama per non guastare irrimediabilmente il gusto della lettura, ma qualche parola è certamente d'obbligo non solo sull'intreccio ma anche sullo stile utilizzato dalla scrittrice.
Che dieci piccoli indiani, sia un giallo classico non può aversi dubbio. Purtuttavia nella sua classicità esce dai soliti schemi in quanto è un giallo in cui manca il tipico personaggio, l'investigatore, che prende in mano la situazione sino allo scioglimento finale. L'indagine sulle morti avvenute sull'isola, quindi, è lasciata ad esclusivo appannaggio dei personaggi stessi i quali - ciascuno con la propria indole e le proprie debolezze - formulano le proprie tesi ora sull'uno ora sull'altro. Questo meccanismo rende possibile una completa assimilazione tra il lettore ed i personaggi, a tutto beneficio della lettura che risulta gradevole, brillante ed estremamente scorrevole.
Un altro elemento da non sottovalutare è quello della c.d. "stanza chiusa" tipica nella scrittrice inglese, basti pensare a "Tre Topolini Ciechi" od a "Delitto in cielo". L'elemento della stanza chiusa amplifica il pathos del racconto regalando la sinistra consapevolezza che l'assassino non solo sa ben nascondersi, ma è anche - inevitabilmente - uno dei presenti con cui giocoforza gli altri personaggi devono interagire e convivere loro malgrado.
Così, la casa, l'isola, le stanze, diventano luoghi convenzionali, o se meglio si preferisce dei non luoghi per eccellenza. Uno di quei luoghi in cui tutto può accadere e tutto, in effetti accade. E' un po' come se tutte le persone siano state irrimediabilmente segnate a morte nel momento del loro arrivo alla banchina del traghetto che li avrebbe portati sull'isola. Sul punto è abile la Christie a mettere qui e là citazioni o labili anticipazioni, che nel contesto in cui sono inserite sembrerebbero anche fuori posto ma che invece, nel complesso, risultano elementi che rafforzano la sensazione di suspense che si respira dalla prima all'ultima pagina del romanzo. Al riguardo si può, certamente, ricordare la "profezia" del vecchio ubriaco incontrato sul treno da Blore:


"Minaccia Burrasca. Lo sento al fiuto".
"Ma no è una giornata magnifica".
Il vecchio insistette, collerico: "Minaccia Burrasca. Lo sento al fiuto".
...
"State all'erta e pregate" disse "state all'erta".
...
"Dico a lei giovanotto. Il giorno del giudizio è vicino".
Ed ancora nella sinistra descrizione del battello che traghettava i personaggi sull'isola e del suo traghettatore, novello Caronte - questo è certo - che ha condotto le anime ormai perse alle rive dell'estremo giudizio. E che di giudizio ineffabile si tratti non può esservi dubbio, lo stesso traghettatore, infatti, osserva i personaggi uno per uno classificandoli ed etichettandoli e meravigliondosi per il loro essere così diversi dai frequentatori abituali dell'isola.
In sostanza un romanzo da leggere assolutamente e, perché no?, da rileggere. Consigliatissimo per il periodo estivo nelle caldi notti o negli afosi giorni sotto l'ombrellone. Un libro, dunque, che sa regalare ben più di un isolato brivido.
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ISBN 88-04-50759-4
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