Il Vampiro - John William Polidori

Il Vampiro - John William Polidori

Il primo Vampiro
In una serata fredda di inizio estate del giugno del 1816, cinque persone si trovavano in una sorta di esilio forzato presso Villa Diodati in Svizzera, nelle vicinanze del lago di Ginevra.
Queste persone erano: Lord Byron, Claire Clairmont – compagna di Byron –, il poeta Shelley, Mary Wollonstonecraft Godwin – compagna di Shelley, con il cognome del quale, tempo dopo, firmerà uno dei capolavori di tutti i tempi Frankenstein –, John William Polidori – medico personale di Lord Byron.
L’insigne Lord per allietare ed occupare il tempo in quelle giornate che impedivano la benché minima attività esterna, propose una singolare gara: comporre nel tempo più breve, un racconto che fosse il più terrificante possibile, impresa questa in cui si cimentarono tutti e cinque i presenti.
Tuttavia il maltempo durò meno del previsto e la gara – in quel di Villa Diodati – si concluse senza un effettivo vincitore. Fu il tempo, in seguito, a riconoscere come indiscussa vincitrice di quella “singolar tenzone” la giovanissima Mary Shelley che, con il suo Frankestein, aveva creato un caso letterario destinato ad influenzare per sempre un certo genere di narrativa.
Di Shelley – poeta – non ci è rimasta la produzione di quelle serate, se ne deve dedurre che si cimentò con scarso trasporto alla sfida lanciata dal collega.
Riguardo al Lord Byron, in quelle sere, riuscì a comporre solo un frammento riguardante un’oscura storia di un viaggio verso la Grecia, di una morte improvvisa e misteriosa di uno dei viaggiatori, di un giuramento da rispettare, temi che comunque restarono soltanto accennati.
È a questo punto che entra in scena John William Polidori. Giovane medico dal carattere forte, ma tremendamente incline alla depressione, era al seguito di Lord Byron con cui intratteneva rapporti basati su una profonda intolleranza l’uno per l’altro. In quelle sere di “volontario esilio” presso Villa Diodati, anch’egli si cimentò con una storia, della quale è rimasta traccia solo nei diari dei presenti al tempo.
Tuttavia, tre anni dopo quelle sere di giugno, un anno dopo la pubblicazione del “Frankestein” di Mary Shelley, faceva la sua apparizione un racconto dal titolo semplice ed esplicativo: “The Vampire” (Il Vampiro).
Uno scherzo del destino, il caso, una semplice coincidenza pregnata dalla buona fede di tutti i coinvolti, vollero tuttavia che il racconto fosse presentato all’editore con la firma di “Lord B.”, da cui scattò l’attribuzione della novella a Lord Byron.
Il reale autore del racconto era invece il giovane John William Polidori, che rimasto colpito dal frammento di Lord Byron, prodotto nelle ormai famose serate del giugno del 1816, ne volle riprendere ed approfondire i temi.
La storia presentata da Polidori, tuttavia, risente tutta di una certa fretta e approssimazione nella composizione (soli tre giorni, ammette l’autore in un passo del suo diario). I personaggi sono accennati, mancano di una vera e propria dimensione psicologica e risultano passivi, in una storia in cui un pizzico di dinamicità avrebbe introdotto un ulteriore elemento di suspence ben calzante.
Personaggio di spicco del racconto è Lord Ruthven (protagonista di un’altra storia vampiresca apparsa anonima e basata su una leggenda scozzese, “La sposa dell’isola”). Questi è un uomo dai modi gentili ma gelidi, con il suo “occhio grigio e freddo come la morte, che pareva posarsi sui volti senza penetrarli e che giungeva, invece, fino ai più riposti congegni del cuore”. Amante delle fanciulle e abile al gioco d’azzardo, non tardò – Lord Ruthven – di farsi notare e di divenire uno dei personaggi più ambiti dei salotti londinesi. Al suo fascino – non certamente fisico, ma morale – non restò insensibile nemmeno il giovane Aubrey, che nel racconto rappresenta l’intima indole caratteriale del “povero Polidori”, nacque così un’amicizia destinata a culminare in un viaggio intrapreso da Lord Ruthven e Aubrey, verso la Grecia. Durante il viaggio la stima dei due uomini cresceva reciprocamente, ma ad un certo punto l’indole nobile di Aubrey ebbe la meglio sui modi discutibili e palesemente insensibili del Lord. Fu così che i due si separarono e proseguirono il cammino ognuno per conto suo. Il viaggio di Aubrey non sarà privo di avventure orribili, tra esse l’incontro con un essere soprannaturale che priverà della vita una ragazza di cui lo stesso Aubrey si stava innamorando.
Arrivato in Grecia il destino volle far rincontrare, nuovamente, i due uomini che, rinsaldando la propria amicizia, iniziarono la scoperta di quella terra antica e misteriosa. Un improvviso attacco da parte dei briganti, mise fine alla vita di Lord Ruthven, il quale prima di morire impegnò Aubrey in un giuramento della durata di un anno: non rivelare a nessuno la sua morte, né le circostanze di essa.
Aubrey, in lacrime, acconsentì. Tornato a Londra, è inimmaginabile la sorpresa di trovarsi innanzi proprio Lord Ruthven, che per giunta stava ammaliando con modi di perfido seduttore la casta e pura sorella di Aubrey.
Non è il caso di approfondire ulteriormente gli elementi prettamente narrativi. Val la pena di soffermarci su quello che, poco più sopra, è stato indicato come una debolezza del racconto, cioè quello di essere approssimativo, frettoloso e tutto sommato poco definito. A voler scendere nei dettagli, è davvero esatto definire come debolezze questi caratteri or ora esposti?
Sinceramente ci si potrebbe aspettare una risposta affermativa, tuttavia deve tenersi presente un aspetto importantissimo.
“Il Vampiro” di Polidori è – unanimemente – riconosciuto come il capostipite del genere, il racconto che per primo ed approfonditamente parlava di vampiri. Le precedenti esperienze sul tema riguardavano una fugace apparizione di un vampiro nel Giaour di Lord Byron. Non c’era, quindi, nulla di prettamente dedicato a tale tema. Fu questa la fortuna principale di questo racconto: l’essere il primo di un genere che di lì a poco si sarebbe affermato. In effetti le genericità del racconto e la frettolosità dell’intreccio narrativo, finiscono col divenire il punto di forza del racconto stesso. Punto di forza che, comunque, va visto come capacità impositiva del racconto stesso a futura memoria. Nel racconto, infatti, emergono delle costanti che influenzeranno – inevitabilmente ed indelebilmente – le future produzioni del genere. Basti vedere alcuni esempi. Il Dracula di Bram Stoker sarà un conte, un nobile, avrà la sua forte ascendenza sulle donne, ci sarà la lotta contro l’essere immondo per salvare la fanciulla di turno. In definitiva – e riportando il discorso sui binari da cui si era mosso – la domanda precedentemente formulata, merita una risposta ben diversa, è proprio questa mancanza di definitività che ha dato la possibilità al racconto di imporsi, che ha fatto si che numerosi scrittori ne risultassero influenzati, vedendo in esso non un cerchio chiuso ma un semplice cannovaccio, a mo delle vecchie e gloriose “commedie dell’arte” basate sull'improvvisazione e sull’uso di maschere e personaggi stereotipati, in cui si consentiva agli artisti di muoversi lungo una traccia predefinita ma di riempire, poi, la scena con i contenuti che via via venivano improvvisati.
E’ come un appunto il racconto di Polidori, un promemoria, una traccia, di quelli che possono essere i temi da sviluppare, un tema che proprio grazie al suo modo di essere “non chiuso” sarà caratterizzato, in seguito, dalla sensibilità dei singoli autori. Se quindi con Polidori abbiamo un vampiro che riesce a sfuggire, con Stoker, invece, abbiamo un vampiro che soccombe e muore, fino ad arrivare con Joseph Sheridan Le Fanu ad un vampiro donna, Carmilla, che nelle sue innumerevoli forme ed identità si atteggerà ad essere il personaggio femminile più terrificante di questo genere di narrativa.
Un ultima notazione merita il personaggio di Aubrey. Può, forzando un po’ il termine, essere definito un eroe romantico. E’ lui che si impegna in un folle giuramento col vampiro, ed è sempre lui che, ritrovandolo inverosimilmente in vita, preferisce soccombere alla follia, che agli occhi degli altri lo consuma, piuttosto che mancare di fede ad un giuramento tra gentiluomini. Resta quindi legato in una dimensione fiabesca, in un indole statica, in un comportamento fatalista e mancante di ribellione e seppur non arrivi – da solo – al gesto estremo tipico degli eroi romantici, si abbandona al suo furore che lo condurrà alla morte. È davvero, a buon diritto, questo giovane Aubrey, l’alterego di Polidori. Anche questi, nella vita reale, ricercando – passivamente – una dimensione di pace interiore incontrava insuccessi e derisioni. I debiti al gioco, contratti nella ricerca di un’effimera affermazione, lo portarono – poi – al gesto estremo del suo suicidio che – in linea con la sua indole e nell’ultimo, riuscito, tentativo di una sua affermazione personale – si procurerà ingerendo un veleno di sua invenzione l’“acido prussico”. Era il 1821, il Vampiro aveva fatto la sua prima vittima reale. “Prima” perché, parte di quei partecipanti alle famose serate di giugno del 1816 morirono in circostanze oscure. Lord Byron morirà colpito da gravi febbri proprio in Grecia (come il Lord Ruthven di Polidori), il poeta Shelley, nel 1822, annegherà in un naufragio presso La Spezia. Solo Mary Shelley, sopravvivrà a lungo, ma ancor più a lungo sopravvivrà la sua fama legata alla mitica creatura, Frankestein, che guarda caso non era un vampiro.
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ISBN-10: 8876925856
ISBN-13: 9788876925856
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